SCUOLE SEPARATE ep.1: White flight in centro a Palermo, con Chiara Giubilaro e Marco Picone
Il primo episodio di SCUOLE SEPARATE raccoglie le analisi e le osservazioni della professoressa Chiara Giubilaro e del professor Marco Picone, docenti di Geografia e di Geografia Urbana.

Scuole separate: un podcast su città e disuguaglianza educativa a Palermo, è una serie di cinque episodi sulla composizione sociale delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado nella Prima circoscrizione del Comune di Palermo. 

Il lavoro è stato condotto da Send ETS, un’organizzazione impegnata nella promozione dell’orientamento alle scelte come strumento di contrasto alle disuguaglianze sociali, nell’ambito del progetto Traiettorie Urbane.

L’obiettivo del podcast è portare all’attenzione dell’opinione pubblica il fenomeno della segregazione scolastica e di come questo sia strettamente legato a comportamenti sociali,  trasformazioni urbanistiche e riforme politico educative. Questo lavoro non ha alcuna pretesa di esaustività, per chi volesse continuare ad approfondire rimandiamo alla sito bibliografia raccolta, consultabile al presente link: https://sendsicilia.it/bibliografia-e-sitografia-per-il-podcast-scuole-separate/ 

Le interviste sono state realizzate da Loriana Cavaleri e Federico Prestileo. Le schede introduttive sono state redatte da Federico Prestileo. Le musiche sono di ValeValex.

Il primo episodio raccoglie le analisi e le osservazioni della professoressa Chiara Giubilaro e del professor Marco Picone, docenti di Geografia e di Geografia Urbana, i cui approfondimenti derivano da questa indagine sul campo e che si concentrano sulle modifiche del tessuto urbano avvenute nella città di Palermo e di come questi abbiano influito sui servizi pubblici ed in particolare l’offerta scolastica pubblica e sportiva, sul loro design, sulle popolazioni target e su quelle effettivamente raggiunte.

Il centro storico di Palermo è stato infatti teatro di profonde trasformazioni negli ultimi trent’anni, un processo che ha ridefinito non solo il suo volto urbano ma anche la composizione della sua popolazione e, di conseguenza, l’offerta e la fruizione dei servizi pubblici, in particolare quelli scolastici. Si tratta di cambiamenti che influenzano anche le scelte genitoriali e la formazione dei gruppi classe, rivelando dinamiche complesse di segregazione e (dis)integrazione, un fenomeno ampiamente dibattuto in letteratura accademica.

Chiara Giubilaro e Marco Picone concordano nell’identificare due momenti chiave di svolta: il 1992, che segna l’inizio di una “nuova stagione” post-stragi di mafia, con l’applicazione di “idee imprenditoriali” che iniziano ad identificare il turismo come “unica chiave di soluzione” per i problemi della città; e il 2018, anno in cui eventi come Manifesta e Palermo Capitale Italiana della Cultura “contribuiscono a creare un’affermazione oramai definitiva di questa nuova immagine di Palermo città della cultura, una città che si basa interamente sul turismo“. In questo contesto, quartieri come la Kalsa sono stati i primi a subire “la trasformazione più radicale”, seguendo il “pattern classico della gentrification”, seppur con tempistiche più lunghe rispetto ad altri contesti italiani o europei. La gentrification, fenomeno legato alla ristrutturazione economica post-fordista e ai flussi migratori internazionali, implica un ricambio sociale e una riqualificazione edilizia in aree centrali. A Palermo, tale processo ha visto l’avvio di una politica di finanziamento per la riqualificazione edilizia privata, spesso sfruttata da imprese già presenti nel mercato immobiliare, senza misure efficaci per calmierare i prezzi. Le fasi di gentrification (sporadica, radicata, generalizzata) si manifestano con tempi e modi diversi in ogni città, e a Palermo si è assistito a una gentrification “sporadica” e “spontanea, non pianificata, che ha generato un forte innalzamento dei prezzi degli immobili e spesso l’allontanamento dei precedenti abitanti a basso reddito.

A partire dagli anni ’90, la composizione sociale dei residenti del centro storico è mutata profondamente. Se prima il centro storico, con lo spopolamento dovuto ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, era caratterizzato da “reddito molto basso, livello di scolarizzazione basso” e “composizione sociale e culturale molto omogenea”, da quel momento si assiste ad un progressivo arrivo della “classe media”, che comporta un netto innalzamento dei livelli di scolarizzazione della popolazione del centro storico. Il professor Picone osserva che, nel giro di un decennio, i numeri potrebbero invertirsi, con una “stragrande maggioranza di ceto alto borghese con alti livelli di scolarizzazione” e un ridimensionamento dei “ceti popolari”. Bonafede e Napoli (2015) già nel 2011 registravano un aumento degli stranieri residenti, ma anche un inizio di ripopolamento da parte dei ceti sociali benestanti, avviando un lento processo di gentrification.

Le scuole del centro storico fungono da “cartina al tornasole” per cogliere questi mutamenti. Giubilaro rileva un “cambiamento significativo nella popolazione studentesca”, con la coesistenza di gruppi diversi.

Tuttavia, nonostante la scuola sia riconosciuta come “l’unico luogo, l’unica istituzione pubblica che può fare e di fatto fa questo lavoro di riaggregazione in maniera efficace“, emergono chiare dinamiche di segregazione interna e fenomeni di “white flying”. Come vedremo più approfonditamente nell’intervista fatta a Marco Romito infatti, la segregazione scolastica è definita come la “tendenza a raggruppare (a vari livelli di aggregazione: classe, istituto, area geografica) gli studenti con caratteristiche simili“, e in Italia, le differenze negli apprendimenti lungo l’asse Nord-Sud sono rafforzate dalla diversa distribuzione territoriale dell’indice di background socio-economico-culturale (ESCS) degli studenti e delle famiglie. 

Più esplicitamente, il processo di trasformazione demografico, urbanistico e sociale molto evidente in intere porzioni del centro storico – non è altrettanto riscontrabile nelle scuole presenti nella stessa parte di città. Sono solo alcune le scuole che garantiscono un livello di mixité sociale comparabile all’ambiente circostante, sia per il cosiddetto fenomeno del white flight, per cui i nuovi residenti iscrivono i propri figli in scuole di quartieri diversi da quelli di residenza, sia a causa della sostituzione delle popolazioni residenti con popolazioni temporanee, legate a fenomeni di touristification che riducono di fatto il bacino d’utenza delle scuole di distretto.

All’interno di questo duplice fenomeno, la segregazione interna si manifesta, ad esempio, nella scelta di “sezioni o il tempo prolungato [che] creano già una distinzione”, rendendo alcune opzioni “appetibili soprattutto per i gentrifiers, per la classe media, per chi lavora, per nuclei familiari dove entrambi i genitori lavorano”. Rispetto alla segregazione esterna molti dei genitori appena citati, optano per “istituti privati o addirittura… una scuola pubblica, ma in un quartiere più omogeneo dal punto di vista della classe sociale“, anche se ciò “complica estremamente la quotidianità“. 

Le motivazioni di questa tipologia di scelte sono spesso legate a una percezione distorta dell’ambiente scolastico mistoil luogo comune” dice Giubilaro “è che un ambiente misto… possa rallentare il percorso di formazione, proprio il ritmo e la formazione del proprio figlio”. Una percezione che, sebbene Palermo mostri una maggiore facilità di inclusione rispetto ad altre città italiane, da un lato “tradisce quello che potremmo chiamare razzismo, neanche troppo strisciante, abbastanza esplicito“, in quanto la scelta è spesso motivata dalla presenza di bambini “che non parlano bene la lingua italiana perché a casa non parlano l’italiano“. 

Dall’alto rivela atteggiamenti classisti dal momento che, come ci spiegherà Marco Romito, sono i genitori della classe media e medio alta ad operare alcune tipologie di scelte che tendono a “selezionare” all’interno del gruppo classe persone della stessa appartenenza sociale o lo stesso grado di istruzione. Una motivazione che spesso viene legata al timore di “violenza ad episodi di bullismo“, con l’illusione che fenomeni di questo tipo possano avvenire solo all’interno di contesti appartenenti a classi sociali più basse della propria.

Il fenomeno del “white flying” è un esempio di come l’influenza del capitale socio-economico-culturale familiare si eserciti nella scelta dell’istituto scolastico. Gli studi INVALSI suggeriscono che la composizione del gruppo classe e della scuola, o l’“effetto di contesto”, influenzi l’apprendimento di uno studente, oltre alle sue caratteristiche personali. Un sistema educativo equo dovrebbe offrire le stesse opportunità di apprendimento indipendentemente dal background familiare e socio-economico. La creazione di classi equi-eterogenee, sotto tutti i punti di vista, permetterebbe a tutti gli studenti di usufruire dell’ “effetto dei pari” e raggiungere risultati migliori.

Picone sottolinea come il “white flying” sia intrinsecamente legato alla relazione tra gentrification e turistificazione. Il suo argomento è che se la gentrification fosse “pura“, ci si aspetterebbe che “in centro storico ci siano le scuole d’élite, le strutture super fantastiche per gli studenti che se lo possono permettere“, mentre nonostante il fenomeno sia presente nel centro di Palermo, molti dei gentrifiers continuano a preferire scuole al di fuori della prima circoscrizione Questo dato è supportato da studi che, in altri contesti come Chicago, hanno rilevato come la gentrification abbia “poco effetto nelle scuole pubbliche locali”, e queste “non sperimentano in generale alcun beneficio accademico aggregato dai cambiamenti socio-economici che si verificano intorno a loro”. 

Inoltre l’offerta scolastica del centro storico è “schiacciata, proprio sommersa dal turismo“, rendendola “inadatta anche per i nuovi residenti borghesi“. In questo senso, le scuole possono “addirittura sperimentare un danno marginale”, una dinamica che ,potrebbe portare, secondo il professor Picone, i gentrifiers stessi ad “andare di nuovo da qualche altra parte”, trasformando il centro storico in una “sorta di Disneyland dove non c’è spazio per scuole che facciano veramente il suo lavoro, né per i gentrifiers, né tantomeno per gli abitanti dei ceti più poveri”. Il centro storico si è trasformato in “un luogo di consumi più che di cittadinanza”.

Questa mobilità differenziata per la fruizione dei servizi non si limita alla scuola. La professoressa Giubilaro evidenzia come la “mobilità intra urbana per l’uso e il godimento di servizi è parte di un meccanismo di creazione di gated community”. I giovani residenti dei ceti popolari del centro storico hanno spesso “orizzonti di aspirazione urbana” confinati alla “scala del quartiere”, mentre i nuovi residenti possiedono una “gittata molto più lunga” che va oltre la scala urbana, fino a quella nazionale e globale. Questa differenza crea “sacche di confinamento” per alcuni e “stranissime gated community diffuse” per altri, dove si socializza e si fruisce di servizi “quasi esclusivamente con i [propri] simili”. Il centro storico sta diventando per i nuovi residenti un luogo da cui poi ci si muove per accedere ai servizi desiderati.

L’offerta di servizi pubblici nel centro storico di Palermo risente pesantemente di queste dinamiche. L’attore pubblico è diventato “praticamente pressoché irrilevante” nella gestione dei quartieri, lasciando alle reti associative e di mutualismo un ruolo “centrale”, spesso “l’unica opzione che fa la differenza” per la qualità della vita e delle relazioni. Le reti associative hanno cercato di “rispondere a certe esigenze dei nuovi abitanti” e hanno influenzato molto l’offerta delle scuole e dei servizi. Tuttavia, la segregazione è “ancora più marcata” nella scelta di servizi culturali e attività sportive, dove “c’è ancora una nettissima separazione” tra le classi sociali. Ciò è dovuto sia a una “carenza nell’offerta pubblica” (soprattutto per lo sport) sia a “scelte della domanda” (es. costi e selezione delle attività culturali che sono “fortemente marcate dal punto di vista della classe“).

In sintesi, le trasformazioni urbane di Palermo, guidate dalla gentrification e, soprattutto, dalla turistificazione, hanno ridefinito la popolazione del centro storico. Questo ha innescato complesse dinamiche nelle scelte genitoriali relative alla scuola e nella formazione dei gruppi classe. Il “white flying” e la ricerca di servizi al di fuori del quartiere sono manifestazioni di una segregazione sociale che, pur non sempre esplicita, è profonda e contribuisce a creare un tessuto sociale frammentato, dove la coesione è messa a dura prova dall’impatto preponderante di una città “sempre più costruita a misura di turista”.

Traiettorie Urbane è un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e cofinanziato da Fondazione EOS – Edison Orizzonte Sociale. Il progetto è stato ideato da CLAC ETS, Associazione Ecomuseo Mare Memoria Viva e Fondazione EOS Edison Orizzonte Sociale. Realizzato in partnership con Centro Diaconale “La Noce” – Istituto Valdese, Cantieri Culturali alla Zisa ETS, Comunità Danisinni ETS, booq, SEND, Associazione Handala, U’Game, EDI – Educazione ai Diritti dell’Infanzia dell’Adolescenza, CPIA Nelson Mandela Palermo, IC Antonio Ugo, Maghweb e Ufficio del Garante Infanzia e Adolescenza del Comune di Palermo.